Enea reca il ramo d’ulivo a Pallante
Lorenzo de’ Ferrari
(Genova 1680 – 1744)
- Pietra nera su due fogli di carta color crema giuntati
- 590 × 507 mm (23.22 × 19.96)
- Iscrizioni: in basso a sinistra, ‘Abb. De Ferrari’
L’autografia di Lorenzo De Ferrari emerge in tutta evidenza in questa inedita e importante opera grafica, a testimoniare la preziosità del tratto e la maestria di uno degli ultimi, grandi protagonisti della scena del tardo Barocco Genovese.
Nel dipanare compiutamente la storia che vivifica lo spazio cartaceo, la scrittura si costruisce mediante un segno controllato e minuzioso nella resa dei volumi statuari e dei passaggi d’ombra, con un autocompiacimento accentato in alcuni scelti dettagli. Il disegno si rivela preparatorio per un brano dell’ultima sua decorazione nota: la magniloquente “Galleria dorata” di Palazzo Carrega (poi Cataldi, ora Camera di Commercio) in Strada Nuova, conclusa nel 1744, anno della sua morte1.
Dagli studi pioneristici della Gavazza2 in poi sono emerse la consistenza e la varietà del corpus grafico di Lorenzo: solo in relazione all’ultima fatica dell’artista sono noti diversi fogli in collezioni private e pubbliche, dal Gabinetto Disegni e Stampe di Palazzo Rosso all’Accademia Ligustica di Belle Arti3.
L’inedito studio che qui si presenta manifesta un’accuratezza tale da farne un’opera d’arte a se stante e non mera tappa di preparazione. Infatti, la concitazione pur solenne dei moti incedenti e attorti, l’accartocciarsi dei panneggi, il mosso piumaggio dell’elmo trasformano in spazio scenico la dimensione del supporto cartaceo e rendono un piccolo teatro questo studio vivo e pulsante, identificabile con la lunetta raffigurante Enea che reca il ramo d’ulivo a Pallante nel luogo in cui un giorno sorgerà Roma (Virgilio, Eneide VIII, 102-125). I ripensamenti rispetto alla confezione finale su muro della lunetta decorata rendono ancor più vera la preziosità della scrittura dell’artista e del suo studio prodromico all’atto finale.
Figlio di Gregorio De Ferrari (1647-1726) e, soprattutto, nipote di Paolo Gerolamo Piola (1666-1724), Lorenzo compone il suo linguaggio intinto nella grazia paterna e di Casa Piola, via via stemperandolo nettamente nei sapori narrativi di gusto classicistico dei bolognesi Marcantonio Franceschini (1648-1729) e Jacopo Antonio Boni (1688-1766), senza dimenticare le forti suggestioni di innesto marattesco che derivano dal suo viaggio a Roma del 17344.
La sua ricettività al linguaggio classicista di matrice romana trae linfa già a partire dalle suggestioni mediate a Genova da Paolo Gerolamo al rientro dagli anni presso Carlo Maratta: allo stesso zio materno defunto subentra del resto nel 1724 per completare il programma decorativo della chiesa genovese di Santa Marta5.
Al di là della scritta apposta in basso a sinistra a suggerire già un’antica identificazione con l’Abate Lorenzo De Ferrari, che in effetti prese i voti come pure altri membri di Casa Piola6, la sua identità permea raffinata questo foglio e si coglie con piacevolezza fra echi rococò raffrenati da una scrittura netta, chiara e compiaciuta, e tratteggi che si infittiscono sapientemente a tornire chiaroscuri e a stagliare la volumetria delle figure, con parti volutamente in aggetto nella ricerca didascalica, pronta a cristallizzarsi fra l’Arcadia e il neoclassicismo.
Alessandra Toncini Cabella
1 L’ampio progetto decorativo si inscrive nella fase di ampliamento del palazzo sulla preesistenza cinquecentesca, realizzato dal proprietario Giovanni Battista Carrega quondam Filippo fra il 1727 e il 1745 (Bartolini, Bozzo, Manara 2000, pp.70-72).
2 Ezia Gavazza, Lorenzo De Ferrari, Milano 1965, pp.104-106, figg. 86 e ss.
3 Boccardo1999, n. 79. Il corpus dei disegni di Lorenzo all’Accademia Ligustica, compresi alcuni studi per la “Galleria dorata” di Palazzo Carrega Cataldi, è stato indagato da chi scrive: Disegni 2000, pp. 20-28, schede 9-13 (schede di A. Cabella).
4 Per il fare pittorico di Lorenzo più giovane e per un’importante acquisizione pittorica su tela documentata fra il 1713-14 e restaurata, si segnala il recente studio di Boggero, Vitiello 2019.
5 Alessandra Cabella, Paolo Gerolamo Piola e la sua casa genovese, Genova 2002, pp. 105-106.
6 Visse “in perpetuo celibato” e fu soprannominato per il suo spirito religioso “l’Abate De Ferrari” (Carlo Giuseppe Ratti, Delle vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti genovesi, Genova 1769, p. 271). Per quanto riguarda la sua famiglia, una supplica del 1713 attesta lo stato religioso del reverendo Andrea Piola, fratello di Anton Maria, Paolo Gerolamo e Giovanni Battista Piola e di due altre sorelle Piola, monache a Sale (Cabella 2002, p.132): tutti fratelli di Margherita Piola, madre di Lorenzo e dunque suoi zii.