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Seduto sul divano nel salotto azzurrino della sua casa torinese, curvo e attento ad esaminare un disegno con in mano una lente di ingrandimento; oppure in piedi con il gomito appoggiato ad uno scaffale della sua libreria, occhiali in mano volteggianti, mentre parla dell’ultima mostra o dell’articolo in preparazione; o ancora sportivamente appoggiato alla scrivania, una gamba come perno al pavimento e la coscia dell’altra sul piano d’appoggio, mentre stringe gli occhi e porta l’indice alla bocca teso ad ascoltare l’argomento di cui si sta parlando.

Questi sono soltanto alcuni flash a cui attingo dalla mia memoria con cui posso descriverlo. Un signore d’altri tempi: gentilezza, umorismo sottile, passione verso l’arte e lo studio che ne consegue, capacità di spaziare su moltissimi argomenti. Dalla piccola monografia su Mino da Fiesole del 1970 al disegno leonardesco, dallo studio della grafica olandese ai Piazza da Lodi, dalla letteratura artistica agli ‘Annali di Critica d’Arte’. Impossibile in questa sede menzionare la vasta bibliografia del professore.
Questo è un omaggio che posso redigere in virtù della felice coincidenza di un’intervista che il professore mi concesse nel Natale 2016 quando lo andai a trovare a Milano per consegnargli alcune mie pubblicazioni e discutere con lui di questa collana editoriale, Avere disegno, poiché avrei voluto un suo saggio come introduzione di uno dei volumi miscellanei in preparazione.

La sua malattia, oramai molto avanzata, gli impediva di mantenere a lungo la concentrazione e quindi decidemmo insieme che un’intervista sarebbe stata più comoda e meno faticosa. Parlammo di molte cose quel giorno, mai fummo così vicini e amici, poiché discutemmo di fatti di vita privata e di arte, di vita universitaria e di futuro. Certo, di futuro. Gianni non riusciva a vivere in un presente stantio ad aspettare, le sue azioni, seppur rallentate in quei mesi, prevedevano uno svolgimento temporale ed è forse naturale che questo avvenisse, ma trovavo incredibile la forza di reazione che possedeva: ultimo insegnamento che mi regalò.
Ecco dunque qui di seguito le domande che improvvisai quel giorno a cui con calma il professore rispose. Si occupò poi personalmente della stesura ed io qui la riporto fedelmente correggendo soltanto eventuali refusi.
Spero possiate ritrovare in queste righe l’amico, l’insegnante, lo studioso e finanche il “rivale” nelle ricerche e nelle scoperte. L’intervista ci rende partecipi della sua personalità e del suo modo di interpretare la ricerca storico artistica in cui persino gli argomenti meglio conosciuti devono essere sempre continuamente approfonditi a fronte delle novità che nuovi studi hanno maturato negli anni rispetto al momento in cui la nostra penna ha messo un punto. Ritornare ai suoi amati disegni olandesi, quasi una chiusura del cerchio, ci restituisce la personalità del professore, studioso onesto e pronto al confronto, umile in quanto ci dimostra come non si finisca mai di conoscere a sufficienza un argomento ma si debba sempre approfondire in costante dibattito con le ricerche altrui.
Luca Fiorentino
Lei è considerato uno dei massimi studiosi italiani di disegno, e non solo, ed in effetti scorrendo la sua bibliografia è un argomento a cui si è dedicato durante tutta la sua carriera e sotto molteplici punti di vista (stilistico, iconologico, museografico, tecnico, ecc.). Cosa l’affascina di questi oggetti così unici quanto fragili? Quale è stato l’impulso principale che l’ha portata a dedicarsi allo studio del disegno?
Gianni Carlo Sciolla
La scelta di dedicarmi allo studio del disegno antico ha innanzi tutto una motivazione autobiografica e personale. Lavorando a Torino, sin dall’inizio degli anni Sessanta, ho avuto modo di studiare e frequentare le collezioni dei disegni della Biblioteca Reale, una delle raccolte italiane più prestigiose e importanti sotto il profilo qualitativo e tecnico nell’ambito di questi preziosi manufatti, composta dalle opere di alcuni dei principali artisti italiani dal Quattrocento all’Ottocento1. È noto che, tra l’altro, la Reale conserva uno straordinario nucleo di fogli di Leonardo già appartenenti alla raccolta di Giovanni Volpato, entrati in Biblioteca agli inizi del XIX secolo; e che l’intero corpus è stato catalogato e pubblicato dal prof. Aldo Bertini nel 19582 con cui mi sono formato e specializzato negli anni universitari. Dal canto mio, mi sono invece dedicato piuttosto alla classificazione scientifica dei fogli stranieri3, in particolare poi di scuola olandese e fiamminga4, comprendente noti disegni di Van Dyck, Rubens, Van Ostade, Jordaens, Rembrandt e della sua scuola. L’interesse per il disegno antico è, in secondo luogo, maturato in me per il carattere e l’attrazione del tutto speciali di questi singolari manufatti. Essi infatti non soltanto rivelano una scoperta e personale ricerca creativa da parte dell’artista, così come era stato ampiamente già evidenziato dalla critica neoidealista degli anni trenta-quaranta del Novecento5, bensì presentano autonomia e complessa, unica struttura, che li distinguono da altre opere d’arte, per l’intreccio costitutivo particolare di componenti diverse, talora unite o separate: stilistiche, tecnico scientifiche, materiali, iconografiche, tipologiche, infine funzionali, storiche e iconologiche.
Luca Fiorentino
Lo studio del disegno antico richiede grande preparazione teorica, tecnica e conoscitiva delle differenti scuole e delle diverse mani. Tutti gli addetti ai lavori conoscono perfettamente la difficoltà di attribuire un disegno inedito. Nella maggior parte dei casi infatti i disegni erano documenti privati degli artisti, materiali di lavoro e di bottega, spesso ad uso esclusivo. Il collezionismo, già dalla fine del Cinquecento, cambia il processo di lavorazione ed i fogli sono sempre più richiesti per arricchire i gabinetti privati. Resta il fatto che l’artista spesso disegnava solo per se stesso, per progettare un suo lavoro: per questo motivo il suo stile è più libero, spesso potremmo dirlo sorprendente.
Quali sono a suo parere le difficoltà maggiori che si riscontrano dovendo comprendere e attribuire un inedito?
Gianni Carlo Sciolla
L’attribuzione di un disegno antico è il momento centrale, il punto d’arrivo di un complesso e talora arduo percorso critico-ermeneutico. L’esigenza di chiarire la paternità di un determinato foglio antico ad un artista o alla sua scuola e la sua consistenza culturale diventa, come è noto, una forte esigenza di metodo a partire dagli anni novanta dell’Ottocento con l’affermarsi del morellismo, in pieno neopositivismo e dei suoi seguaci italiani, come Gustavo Frizzoni, e stranieri: tra cui Bernard Berenson6; Kenneth Clark, che si incontrò ai Tatti con Berenson la prima volta nel 1925 per continuare lo studio e la classificazione dei disegni fiorentini; Hans Tietze, maestro nello studio dei disegni veneti, analizzati alla luce dello storicismo riegliano, sotto il profilo strutturale formalista; Charles Loeser, americano di formazione morelliana, attivo a Firenze; Max J. Friedlander, esperto di primitivi nordici, sostenendo la superiorità del disegno sulla pittura per le possibilità espressive, la sua spontaneità esecutiva, la varietà e libertà delle forme, l’autonomia dei fogli disegnati per un dipinto o altre forme artistiche; sostenendo inoltre le potenzialità reali del disegno al fine di entrare nel “retrobottega”, cioè nell’intenzionalità, nell’immaginario dell’artista.
Lo studio e l’operazione attribuzionistica di un disegno possono così essere sintetizzati in sei punti essenziali. Primo: individuazione dello stile di un determinato maestro e momento comparativo dei dati formali del disegno oggetto di studio con quelli sicuri. Secondo: differenze di stile osservabili tra il disegno in esame e la conoscenza della produzione certa e nota del maestro o dei singoli maestri, a cui si pensa di riferire il manufatto inedito. Terzo: precisazione sicura delle tecniche esecutive impiegate dagli artisti e dei relativi strumenti operativi semplici o associati (dalle matite nere e colorate all’acquerello; dalle punte d’argento al carboncino; dal bistro o dal guazzo al gessetto; utilizzati con le carte elementari o preparate insieme con le ricette per i materiali). La classificazione, evoluzione o innovazione delle tecniche sopra citate va studiata nel clima storico, dal Tardo Medioevo al Novecento. Quarto: verifica delle costanti regionali nelle quali operavano gli artisti, determinando quello che Bernhard Degenhart, nel 1937, definiva Zeitstil ovvero stile del tempo grafologico. Quinto: individuazione e distinzione tra originale, copia ed eventuale falso7. Sesto: determinazione dei modelli o parte di essi (dettagli) utilizzati in alcuni casi da molti artisti, come ad esempio per i bolognesi8. Molti dei problemi attributivi rimangono tuttavia ancora aperti e irrisolti, ovvero da meglio definire. Si veda, tra i casi recenti e più complicati, per esempio, il disegno a matita rossa con quadrettatura su carta applicata su cartoncino, raffigurante due Apostoli, conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano e riferito oggi a Lorenzo Lotto9. Oppure ancora tutto il corpus disegnativo, se pure esile, riferito a Bramantino, che suscita non poche incertezze attributive per le differenze di mano e di soluzioni stilistiche presentate al lettore10.
Luca Fiorentino
La nostra disciplina si è avvalsa, e si avvale, di materie di studio collaterali di tipo umanistico per arricchire la comprensione del contesto in cui gli artisti del passato si trovavano ad operare e per capire le dinamiche nella scelta dei soggetti e gli orientamenti di mercato e del collezionismo. L’intreccio e un carattere inclusivo nelle nostre ricerche apporta certamente notevoli novità, ma si deve anche porre attenzione agli effetti collaterali che questo intreccio di materie comporta: potrebbe creare la dispersione e lo smarrimento delle peculiarità della nostra disciplina principale, la storia dell’arte. Cosa pensa in proposito?
Gianni Carlo Sciolla
Pur nella grande utilità che gli aspetti scientifici hanno nel procedimento critico finalizzato all’attribuzione del disegno antico, è bene mettere in guardia però lo studioso da quello che definirei assolutismo scientifista, di marca indubbiamente ancora materialista e neopositivista che questo comporta e che talora affiora anche negli studi più avanzati e apparentemente più raffinati e aggiornati. Analogamente, un altro pericolo per l’avanzamento degli studi è l’eccessivo spazio affidato all’approfondimento umanistico contestuale, genericamente da definirsi iconologico; il quale, se da un lato concede indubbiamente al ricercatore nuove possibilità interpretative di natura iconografica e genericamente storico-culturale, dall’altro può però snaturare la specificità dello studio disciplinare storico-artistico e la sperimentazione libera che è propria nell’esercizio del disegno antico.
Luca Fiorentino
Le indagini diagnostiche nel campo del restauro sono all’ordine del giorno e spesso sono di grande aiuto per programmare una metodologia di intervento. Sempre più spesso però le indagini diagnostiche vengono utilizzate a fini attribuzionistici tentando di categorizzare e razionalizzare le modalità operative di un singolo artista. L’attribuzione che segue dei parametri tecnici rilevati tramite indagini scientifiche potrebbe essere valevole per alcuni artefici o tipologie di manufatti e in ogni caso il risultato diagnostico ci pone soltanto di fronte ad uno dei tanti dati che lo storico è chiamato a prendere in considerazione. Si deve mettere in rilievo però che il campo del disegno è stato per secoli il momento di sperimentazione più libero che gli artisti avevano a loro disposizione. Ha mai avuto esperienza nel campo della diagnostica applicata ai disegni? E cosa ne pensa?
Gianni Carlo Sciolla
Ritengo che l’operazione attribuzionistica a cui primariamente è finalizzato lo studio del disegno antico possa indubbiamente trarre grandi benefici anche dall’uso della moderna strumentazione diagnostica e di laboratorio. Personalmente me ne sono servito per chiarire numerosi e complessi problemi tecnici, iconografici e storici scaturiti dallo studio dei disegni di scuola straniera, conservati nella Biblioteca Reale di Torino11.
Con lo scopo di rendere più completo lo studio e l’indagine attribuzionistica di un disegno è assolutamente necessario ricorrere e fare propri alcuni approfondimenti di tipo tecnico-scientifico. Essi devono procedere in due settori. Il primo consiste nella conoscenza approfondita e rigorosa dei materiali, delle tecniche esecutive e degli strumenti adoperati dagli artisti in concomitanza con i supporti dei disegni. Il secondo nel ricorso alle modalità diagnostiche e strumentali sempre più raffinate utilizzate in questi anni in laboratorio. La conoscenza delle tecniche esecutive elaborate e perfezionate nel corso dei secoli va accompagnata dallo studio delle carte, sia in fase di preparazione delle medesime, sia nell’allestimento e nell’accertamento delle forme delle collezioni e delle loro caratteristiche specifiche. Quando indico questi aspetti alludo alle carte preparate, ai timbri, ai montaggi che incorniciano i disegni e completano i supporti, alle filigrane, alle legature dei singoli album di disegni, ecc. Lo studio dei materiali, delle tecniche esecutive e dei supporti delle carte e dei disegni trovano poi un completamento nelle più avanzate forme odierne di diagnostica di laboratorio. Varie sono le ricerche sempre più sofisticate impiegate dagli studiosi in questi ultimi tempi, soprattutto quelle sul così detto underdrawing, che rendono possibili chiarimenti importanti relativamente alla situazione di conservazione dei disegni nelle loro situazioni sottostanti12.
Luca Fiorentino
La conoscenza delle tecniche grafiche è molto importante per la comprensione del disegno, ma forse non è sufficiente per comprendere a pieno le modalità creative degli artefici, l’inquadramento critico, il riconoscimento stilistico e iconologico. Qual è il suo punto di vista rispetto alla conoscenza tecnica dei manufatti e dei loro supporti?
Gianni Carlo Sciolla
Sotto il profilo culturale e storico l’indagine per l’attribuzione di un disegno antico riesce proficua puntando unitamente sempre sul significato della funzione a cui è destinato con una corretta disamina e classificazione della sua tipologia formale. In questo settore, oltre al chiarimento ottenuto con la messa a fuoco degli svolgimenti e dei cambiamenti messi in atto dalle istituzioni preposte al disegno antico (accademie, evoluzione dei procedimenti che si rilevano nelle botteghe e negli studi degli artisti) si sono raggiunti nuovi risultati, indagando con maggiore profondità il legame con le fonti letterarie e storiche nei settori del disegno. Il quale si articola in numerose categorie: (a) generali e (b) specifiche. Tra le prime, quelle considerate autonome, decorative, illustrative. Tra le seconde, i disegni così detti preparatori, ovvero finalizzati ad altre forme e manufatti artistici, come quelli attuati per la pittura13, la scenografia14, di carattere scientifico o architettonico, come Tommaso Mattei 1652-1726. L’opera di un architetto romano tra ’600 e ’700 edito a Roma nel 2017, da Dimitri Ticconi; in rapporto con le incisioni, eseguiti per la caricatura15, il ritratto, il paesaggio; carri trionfali16; derivati da un preciso modello (dall’antico), preparati per la cartografia o per la costruzione di macchinari di natura varia (bellici, civili). In questi ultimi anni gli studi hanno lavorato intensamente alla costruzione di un regesto per la storia delle collezioni dei disegni in Italia e nel mondo europeo ed extraeuropeo, rivolto ad evidenziare la presenza e la consistenza delle collezioni disegnative, sia di opere italiane che di scuola straniera. Per riferimento bibliografico mi permetto di rinviare ai quattro volumi collettanei progettati e diretti dallo scrivente, editi dall’Istituto Bancario San Paolo di Torino tra il 1991 e il 199417. Tali progetti e realizzazioni sono di utilità culturale per affrontare la storia del collezionismo di questi singolari manufatti, il loro policentrismo, la diffusione mondiale di tali “gallerie portatili”: dai confini italiani all’Inghilterra; dalla Francia alla Germania; dai Paesi Bassi a quelli scandinavi; le forme del mercato e della committenza specifica, della loro ricezione e modalità di conservazione (formato dei volumi, note e commenti manoscritti, modalità dei montaggi).
Luca Fiorentino
La conservazione e la tutela dei disegni e di tutte le opere su carta è un problema di primaria importanza per i musei e per le grandi collezioni private. L’avanguardia tecnica nei materiali per il restauro ha raggiunto un buon livello per cui è possibile stabilizzare e conservare al meglio le opere. Altra questione invece è il restauro di manufatti che avrebbero seria necessità di essere sottoposti ad interventi di restauro: generalmente il museo italiano medio non ha la possibilità economica per procedere nell’operazione. In sintesi, i musei e i vari gabinetti di disegni e stampe italiani aspettano una richiesta di mostra per far rientrare nei costi anche il restauro dell’oggetto domandato in prestito. Non vi è programmazione dunque, ma purtroppo una lunga e speranzosa attesa. Possiamo pensare che uno dei problemi per questa situazione sia anche il fatto che le opere su carta non hanno il giusto rilievo tra gli studi e le grandi mostre di fatto non riescono a sensibilizzare il grande pubblico? Poca conoscenza e attenzione dei ricercatori significa anche poca tutela delle opere stesse? Con la dovuta sensibilizzazione si potrebbero coinvolgere più partners privati per contributi monetari?
Gianni Carlo Sciolla
Non vi é alcun dubbio che esista un nesso molto stretto tra restauro, conservazione e conoscenza di questi preziosi e peculiari manufatti, costituiti dal disegno antico. I quali, avendo una consistenza numericamente molto alta se confrontata con altre tipologie di opere d’arte del nostro patrimonio culturale diffuso nel territorio e nelle collezioni, necessitano di restauri, di conservazione, di preparazione di manifestazioni conoscitive adeguate (come mostre, cataloghi e repertori complessivi) e di un sostegno economico (partners) specifico altrettanto elevato e partecipato.
Luca Fiorentino
Nei suoi scritti lei è tornato più volte sul problema della catalogazione dei disegni nelle collezioni pubbliche italiane coinvolgendo, insieme ad altri eminenti studiosi di grafica, moltissimi giovani ricercatori che si sono occupati di un censimento del patrimonio su scala nazionale (si veda la risposta più sopra). Materiale tuttora valido e utile strumento scientifico per poter iniziare delle ricerche più approfondite. La catalogazione scientifica del patrimonio è il primo importante tassello per studi specialistici ed allo stesso tempo notevole contributo per la salvaguardia e la tutela delle opere nei nostri Gabinetti Disegni e Stampe. Quali sono secondo lei i risultati ottenuti, quali ancora quelli che si dovrebbero realizzare?
Gianni Carlo Sciolla
La preparazione, continuazione, completamento di un regesto e censimento complessivo della storia delle collezioni dei disegni italiani e stranieri è auspicabile sia per la salvaguardia, la conservazione e la conoscenza tecnico-scientifica per se stessa di tali straordinari e unici materiali, sia come oggetto specifico per la formazione di giovani studiosi interessati alla storia della conservazione, delle tecniche artistiche, del collezionismo e del significato culturale delle opere d’arte grafiche prese in esame.
Luca Fiorentino
Un’ultima domanda: in questo momento cosa le piacerebbe approfondire nel campo della grafica?
Gianni Carlo Sciolla
Molteplici rimangono gli argomenti di studio da colmare e approfondire nel complesso settore del disegno antico. Personalmente ho pensato di dedicarmi in futuro ancora a due momenti. Il primo di carattere più generale; il secondo segnatamente più specialistico. Il primo concerne il tema della ricezione del disegno in età barocca italiana specie settentrionale (disegno preparatorio e disegno funzionale, committenze, tecniche esecutive e materiali adoperati). Il secondo, seguendo anche i più recenti approfondimenti e contributi pubblicati, vuol significare una ripresa dei miei studi iniziati negli anni settanta del Novecento18.
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1 Si tratta di opere molto importanti che vanno da Piero di Cosimo a Marco Zoppo; da Girolamo da Carpi a Parmigianino; da Annibale Carracci a Domenichino; da Giambattista Piazzetta a Canova; e stranieri – francesi, fiamminghi e olandesi dei secoli XVII e XVIII.
2I Disegni Italiani della Biblioteca Reale di Torino (1958).
3 Si vedano I Disegni di Maestri Stranieri della Biblioteca Reale di Torino. Catalogo (1974), p. 322 e Catalogo dei Disegni dei Mmaestri Stranieri della Biblioteca Reale di Torino. Aggiornamenti (1974-1978), p. 37
4I DIsegnI FIammInghi e OlandesI della Biblioteca Reale di Torino (2007).
5 Su tutti va ricordato il saggio Ragghianti (1940).
6 Autore di un fondamentale repertorio sui disegni fiorentini, The Drawings of Florentine Painters, (1903).
7 Si veda almeno, per la distinzione tra copia e falso, inteso con la motivazione del dolo da parte dell’artista: Kurz, (1961), p. 133 e ss.; Dumas (2000), p. 359 e ss.; Tongiorgi Tomasi (2000), p. 431 e ss.
8 Si veda tra i più recenti e stimolanti contributi: Morselli (2016), pp. 3-29 per le derivazioni da Guido Reni, pala di Notre-Dame de Paris, da parte di Pietro Rotari, Giovan Battista Bolognini, Ludovico Mattioli, Gaetano Gandolfi, Giuseppe Maria Mitelli o Giuliano Traballesi.
9 Cfr. L’Occaso (2016), p. 88, n. 3.
10 Cfr. Rossi (2014), pp. 320 ss.
11 Si vedano in particolare tra questi: I DIsegnI FIammInghI e OlandesI della Biblioteca Reale di Torino (2007).
12 Tra le indagini più originali e innovatrici degli ultimi decenni si segnalano quelle di Maria Clelia Galassi e Margherita Priarone in L’UnderdrawIng del DIsegno Genovese (2014).
13 Sulla traccia di Rosenberg (2002).
14 Si veda a questo proposito Alla Luce di Roma (2017)
15 Si veda il recente Rossiano (2016).
16 D’Amico-G. Isgrò et al. (1994).
17Si veda Il Disegno. Forme, TecnIche, Significati (1991); Il Disegno. I GrandI Collezionisti (1992); Il Disegno. Le Collezioni Pubbliche Italiane (1993-1994); a cui sono di completamento anche gli aggiornamenti proposti nel volume Il Disegno e Disegni (2003) con il contributo per la parte italiana di G. C. Sciolla (2003), p. 153 e ss.
18 Si veda ora in particolare come esempio di completamento Luijten-Schatnborn-Wheelock (2017).
Colophon Show/Hide
Questo articolo è stato tratto dalla pubblicazione:
Conservazione e restauro della carta
Atti della tavola rotonda
Ferrara, Salone del Restauro (22-24 marzo 2017)
È stata resa possibile anche grazie al generoso contributo di:
Arcuti Fine Art, Roma
Cortona Fine Arts, Milano
Galleria Giamblanco, Torino
Ed è stato pubblicato da:
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Responsabile editoriale
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