La scena, ambientata in Egitto, è tratta da Les aventures de Télémaque, fils d’Ulysse di François Fénelon. L’uomo con la lira, al centro della composizione, è Temosiris, sacerdote di Apollo, il cui canto è in grado di ammansire le belve ed attirare satiri danzanti. Telemaco, orfano di Mentore, ridotto in schiavitù, incontra Temosiris mentre vaga con il suo gregge nel deserto dell’Oasis. Il sacerdote, prendendolo a cuore, esorta Telemaco a seguire l’esempio di Apollo, pastore presso il re Admeto in Tessaglia, insegnandogli a suonare ed educandolo alle dolcezze della vita bucolica. La scena rappresenta proprio una delle “sessioni” alle quali accorrevano i pastori:
“Dopo avere così parlato Termosiri mi donò un zufolo tanto soave, che gli ecchi di quelle montagne, i quali lo fecero udire da tutti i lati, trassero ben tosto d’intorno a me tutti i vicini Pastori. La mia voce aveva un’armonia divina, ed io mi sentia, come fuor di me stesso, mosso a cantare di quelle bellezze, delle quali la campagna è stata onorata dalla natura. Noi passavamo i giorni interi, ad una parte delle notti cantando insieme. Tutti i Pastori dimenticandosi le lor capanne, ed i loro armenti, in quel men tre ch’ io dava ad essi queste lezioni, mi stavano intorno tutti sospesi, ed immobili. Pareva che que’ diserti nulla più avessero di selvaggio; tutto in loro era dolce, tutto ridente, e sembrava, che la civiltà degli abitatori ingentilisse la terra. Ci adunavamo sovente per offerire de’ sacreficj in quel Tempio d’Apollo, in cui Termosiri era Secerdote [sic], e v’andavano i Pastori ad onor di quel Dio incoronati di lauri danzando, e portando sulle loro teste i sacri doni in alcune ceste con delle corone di fiori. Noi facevano un villereccio banchetto: ed il latte delle nostre capre, e delle nostre pecore che avevamo cura di mugner noi stessi, ed i frutti colti di fresco da noi colle nostre mani, quali sono i datteri, i fichi, e l’uve, erano i nostri cibi più dilicati. Sedevamo sovra l’erboso terreno, ed i nostri alberi fronzuti ci dava un’ombra più grata, che i tetti dorati di qualsisia Reale Palagio. Si riconosce Telemaco nel ragazzo in piedi, che si appoggia al bastone, alle spalle di Temosiris. Sullo sfondo, invece, si scorge una figura nuda che può identificarsi nel dio Apollo, durante il suo periodo presso Admeto. È documentata una copia di un disegno di Sangiorgi raffigurante Telemaco in abito pastorale che ammaestra i pastori nel deserto di Osiride, menzionata in occasione della Solenne distribuzione de’ premi ed esposizione degl’anni 1836 e 1837 nell’Accademia provinciale delle belle arti in Ravenna. La copia, di grandi dimensioni (128 x 147 cm) fu realizzata dal faentino Felice Sauli, allievo di Tommaso Minardi. L’incontro tra Telemaco e Temosiris era stato raffigurato anche da Felice Giani: si conservano alcuni schizzi al Cooper Hewitt Museum di New York e un disegno, datato all’incirca al 1790, nelle collezioni dell’Harvard Art Museum. Il disegno, eseguito a matita e ripassato a china, è tracciato su un foglio preparato a inchiostro bruno chiaro su cui sono stese cospicue acquerellature a inchiostro bruno più scuro.

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