Santino Fortunato Tagliafichi, detto Santo Tagliafico, nacque a Genova nel 1756 da una numerosa famiglia di illustri artisti1.
Il padre, Nicolò Gaetano (1698-1776), e il fratello Giambattista, erano falegnami e scenografi. Gli altri suoi fratelli furono rispettivamente architetti (Giovanni e il più famoso Emanuele Andrea), prete (Giuseppe, particolarmente utile per i contatti con il clero), e gioielliere (Domenico). Si formò a Genova presso la locale Accademia Ligustica, affermandosi come pittore e decoratore sacro alla fine degli anni Settanta del Settecento.
Lo storico Federico Alizeri, nel suo resoconto sulla vita di Santino (1865), sottolinea come l'attività dell'artista coincise con un periodo difficile per i pittori accademici, 'benevole con gli arroganti, avaro di committenze, sprezzante dello stile passato, disinteressato a cercare una migliore uno, e in cui gli errori venivano facilmente coperti con libertà»2. Secondo lui molti artisti genovesi di quel periodo abbandonarono la professione o abbandonarono la pittura per lavori minori di miniatura o incisione.
È poi curioso che, oggi, Tagliafichi sia quasi più conosciuto e apprezzato per i suoi disegni curati, luminosi e colorati che per le sue pale d'altare un po' antiquate, debitrici alla tradizione neoclassica di Mengs e Carlo Giuseppe Ratti.
Le fonti descrivono la sua passione per il disegno come una passione privatissima, destinata a sé o ad una cerchia selezionata di amici: 'Guardando i suoi quadri, si ricorda ciò che si mormorava tra i suoi servi, i quali si chiudeva nel suo studio nell'unica compagnia di disegni e stampe ogni volta che poteva, sperando che nessuno se ne accorgesse'3.
Alizeri suggerisce che i suoi raffinati disegni fossero intesi come preparatori per dipinti, ma sembra più probabile che fossero opere d'arte fini a se stesse, dove l'artista poteva liberamente abbandonarsi a soggetti dell'Antico e del Nuovo Testamento e argomenti seducenti: ' Prima di mettersi all'opera, Santino si divertiva a disegnarlo in dimensioni più piccole, spesso su piccoli cartoni pazientemente colorati a acquarello e, più raramente, a olio, mostrando l'attitudine di un miniatore. Nella collezione Durazzo non mancano tali disegni o acquerelli, che sono in gran parte rappresentati anche nella Biblioteca Civica’4.
È il caso, ad esempio, del minuscolo Incontro di Giacobbe e Rachele, che si sbizzarrisce nella rappresentazione di un paesaggio bucolico (fig. 1)5; ed è anche il caso di questa imponente Psiche ed Eros, di gran lunga la composizione più seducente e raffinata tra le opere su carta finora conosciute di Tagliafichi.
La storia di Psiche era molto ben rappresentata nei palazzi e nelle collezioni genovesi e legata ad uno dei periodi più splendidi per la città. Da ricordare l'ottagono, oggi perduto, di Francesco Salviati (1510-1563) sulla volta della sala di Psiche di Palazzo Grimani, circondato da quattro vaste tele di medesimo soggetto di Francesco Menzocchi (1502-1574), il ciclo di Psiche di Palazzo Lercari-Spinola di Ottavio Semino (1530 ca.-1604), e il ruolo allegorico svolto dal tema nei cicli decorativi commissionati da Andrea Doria e Sinibaldo Fieschi6.
Nel 1815 le tele di Palazzo Grimani erano state staccate dalla volta, formando una piccola ma selezionata quadreria di dipinti antichi7. Un suggerimento difficilmente sfuggito a Tagliafichi, che era considerato (e si considerava) uno dei paladini dell'arte antica, nonché apprezzato restauratore, conoscitore e intermediario nell'acquisto, vendita e dispersione delle ricchissime collezioni aristocratiche genovesi8.
Del resto, il tema di Psiche che risveglia Eros che versa la cera era già stato illustrato in una significativa stampa eseguita nel c. 1770-80 dell'artista neoclassico genovese Giovanni David (1749-1790, fig. 2) – opera molto probabilmente nota a Tagliafichi, che sembra citarla in controparte nella posizione della tenda e del letto. Il confronto tra le due immagini, tuttavia, mette in risalto l’esplicito riferimento di Tagliafichi a modelli manieristi, anziché neoclassici, come è particolarmente evidente nella sensuale nudità di Psiche e nelle decorazioni intagliate del comodino e del braciere dorato.
La destinazione privata di Psiche è attestata da un tratto non immediatamente percepibile: la figura di Psiche è disegnata su un secondo foglio di carta, ritagliata e incollata sul foglio principale e finemente ritoccata in modo da diventare quasi invisibile. Dopo aver eseguito la prima versione, Tagliafichi decise probabilmente di migliorarla modificando la figura principale – un intervento che mostra la meticolosità e la precisione grafica tipiche dei suoi disegni, che, secondo Alizeri, 'sono così brillanti e raffinati da farci quasi dimenticare la sua attività di pittore di grandi dimensioni'9.
L’iscrizione coeva sul margine inferiore sinistro del foglio, “inventato e disegnato da Santino Tagliafico, 1800” colloca il disegno nella parte più prolifica e creativa della carriera dell’artista.
Note
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1 The standard reference on the artist is represented by the monograph recently dedicated to Tagliafichi by Gianni Bozzo (2013);
a detailed and early account of his life can be found in Alizeri 1865, II, pp. 379-506.
2 ‘Però che quanto visse degli anni maturi, fu in
età pessima per la nostra pittura, benevola agli arroganti, avara di commissioni, sdegnosa del passato stile, incuriosa di cercarne un migliore,
quando gli errori si coprivano agevolmente di libertà’ (Alizeri 1865, II, p. 382).
3 ‘Onde a vederlo nelle opere, corre a mente ciò che se ne
andava mormorando fra i suoi domestici, ch’ei si chiudesse in sola compagnia di disegni e di stampe ogni qual volta era d’uopo, d’immaginare
com’uomo geloso ch’altri non lo spiasse in quell’ora’ (ivi, p. 389). An example of a presentation drawing likely executed for a friend is
the portrait of the pathologist Onofrio Scassi (Sotheby’s – Milano, 26.vi.2007, lot 105), finely executed in black chalk in order to
imitate the appearance of a print.
4 ‘Prima di mettersi all’opera, soleva Santino deliziarsi istoriandola in piccolo, talvolta in carticelle
pazientemente lavorate a colori, tal altra, e più raramente, ad olio, ma coi vezzi sto per dire del miniatore. Di tali disegni o acquerelli non è priva
la collezione del Durazzo, ond’è ricca la Civica Biblioteca...’ (Alizeri 1865, II, p. 397).
5 Sotheby’s, Milano, 5.vii.2006, lot. 149.
6 Cheeney 1963, pp. 337-349; Fratini 2006, pp. 135-140.
7 Cheeney 1963, p. 342.
8 On Santino’s activity as a restorer see
Bozzo 2016, pp. 191-198.
9 ‘... condotti a sì lunga cura da farci dimentichi de’ lavori in grande’ (Alizeri 1865, II, p. 397).