Visitazione
Antonio Gionima
(Venezia 1697 – 1732)
- Disegnato in punta di pennello con inchiostro diluito Bruno, rialzato a biacca su tracce di pietra nera su carta marroncina.
- 403 × 314 mm
- Filigrana: CS entro un cerchio (Bologna: cfr. nota 3).
Questa grande Visitazione, eseguita con vigorosi tratti di inchiostro bruno applicato a pennello e rialzata a biacca, può essere riconosciuta come tipico prodotto della mano di Antonio Gionima, nato a Venezia ma attivo per tutta la sua breve vita a Bologna1.
La somma di influenze stilistiche esercitate sul giovane e talentuoso Antonio è ben leggibile nel nostro disegno; se il potente nudo virile di spalle del mendicante in primo piano rievoca i modi neo-carracceschi del suo primo maestro Aureliano Milani (1765-1749), la fisionomia allungata del volto della Vergine e il profilo ovale della figura femminile in basso a sinistra rimandano alla maniera di Giuseppe Maria Crespi (1665-1647), che accoglie Gionima nella sua bottega dopo il trasferimento di Milani a Roma nel 1718.
Stilisticamente e tecnicamente, il foglio è accostabile al Festino di Baldassarre del Metropolitan Museum of Art (fig. 1) nel quale riemergono, esattamente come nella nostra Annunciazione, degli spiccati elementi neo-veneti (Veronese) non esenti dal confronto con i maestri veneziani dell’epoca (Sebastiano Ricci). Questi ultimi sono riconoscibili in particolare nella resa cromatica delle figure, brillantemente schizzate in punta di pennello, nell’inquadratura architettonica monumentale e nella presenza di figurine animate sullo sfondo2.
L’opera può essere collocata in quel gruppo di grandi disegni finiti a penna ed acquerello per cui, secondo la testimonianza del Crespi, Gionima aveva particolare genio e che venivano avidamente ricercati dai collezionisti dell’epoca, venendo apprezzati alla pari dei suoi bozzetti e dei quadri di piccolo formato: ‘disegnava col toccalapis e con acquarello a meraviglia, lumeggiando i suoi disegni con uno spirito ed una disinvoltura che non potevali bramare di più, caratterizzando i suoi nudi con una grandiosità di parti, con un dintorno così giusto e franco, che potevano servire di esemplare ai suoi condiscepoli... I disegni poi, ch’egli ha fatto, sono moltissimi, e per lo più acquerellati e lumeggiati, e chiunque ne ha, se gli tiene, à tutta ragione, molto cari’3.
1 La principale fonte di informazioni su Gionima resta l’ammirata biografia dedicatagli da Luigi Crespi (1769, III, pp. 234-237), da integrare con Pierguidi 2001, ad vocem. Restano essenziali i contributi sull’artista di Patrizi 1959, pp. 409-156 e Roli 1960, pp. 300-307; tra gli studi più recenti si ricordano Johnson 2004, pp. 343-345 e Zapletalová 2013, pp. 441-466. Sui disegni si ricordano, nell’ordine, Kurz 1955, pp. 110 segg.; Firenze 1973, pp. 101 segg; Miller 1985, pp. 776-777, 779; Cabassi 1995, pp. 125-139, e Shoolman Slatkin 1996, pp. 72-79.
2 Per la discussione del foglio e delle sue matrici stilistiche vedi Bean, Griswold 1990, pp. 89-91; sugli elementi neo-veneti cfr. in particolare Firenze 1973, pp. 101 segg.
3 Crespi 1769, III, pp. 235, 237. Si noti che la filigrana del nostro disegno, una ‘CS’ all’interno di un cerchio, ritorna identica in un altro disegno di Gionima agli Uffizi (inv. 20439 F) proveniente dalla collezione Malvezzi, su cui cfr. Firenze 1973, pp. 101 segg.