Interno di cucina con domestica che minaccia una scimmia (recto); Due teste orientali, due soldati orientali con cannone e caricatura (verso)

Domenico Guidobono

(Savona 1668 – Napoli 1746)

  • Pietra nera, penna e inchiostro bruno (probabil- mente seppia) e inchiostro bruno diluito su carta.
  • 312 × 416 mm
  • Filigrana: tre cerchi sovrapposti (Genova; vedi Balmaceda 2004, pp. 304-311). Iscritto sul verso, probabilmente dalla mano dell’artista, ‘VINDICA DOMINE’.

A cura di Luca Giunta Baroni

Nato a Savona nel 1668 da una famiglia di pittori di maiolica, Domenico Guidobono si trasferisce presto a Torino, dove si dedica, assieme al fratello maggiore Bartolomeo (nato nel 1654), alla decorazione ad affresco e alla pittura nella cerchia della corte piemontese1. La differenza d’età tra i due fratelli ha gettato un’ombra sulla produzione giovanile di Domenico, che si è spesso visto attribuire i lavori minori di Bartolomeo.

Recenti ricerche e l’emergere di opere di indiscutibile alta qualità, come l’Allegoria del Metropolitan Museum of Art o la Lezione di disegno recentemente passata sul mercato antiquario, hanno riabilitato la reputazione dell’artista, documentando, al tempo stesso, la sua affascinante inclinazione per le scene d’interni e di genere, per la rappresentazione di animali e per le nature morte2.

L’attribuzione a Domenico di questa grande composizione raffigurante un Interno di cucina e vari studi di figure orientali sul verso è suggerita dalla forte somiglianza a un foglio recentemente acquistato dalla National Gallery of Art di Washington, una Scena di Stregoneria connesso a un dipinto nella Galleria Nazionale di Parma (fig. 1)3.

Domenico Guidobono, Scene of Witchcraft, c. 1695-1700. Pen and brown ink with gray-brown washes over black chalk, 132 × 214 mm. Washington, NGA | 2021.21.1
Fig. 1. Domenico Guidobono, Scene of Witchcraft, c. 1695-1700. Pen and brown ink with gray-brown washes over black chalk, 132 × 214 mm. Washington, NGA | 2021.21.1

Entrambi i disegni sono altamente rifiniti, ed eseguiti con penna, inchiostro di seppia e inchiostro diluito attentamente applicati su uno schizzo preliminare a pietra nera. Nonostante la scarsità di disegni sicuri di Domenico, un tratto comune può essere identificato nel magistrale uso della penna e acquerello nel creare larghe e vibranti chiazze d’ombra. Sul recto del disegno, la fisionomia della domestica è alquanto vicina a quella della maga nel disegno di Washington: lo stesso può dirsi dei contorni tremolanti delle figure che conferiscono ai gesti e alle forme un suggestivo tocco di movimento.

Il recto del disegno illustra l’interno di una vasta cucina, probabilmente quella di un palazzo nobiliare, come suggerito dalla ricca consolle intagliata sulla destra4. Questo soggetto è probabilmente ispirato al lavoro di artisti fiamminghi come Frans Snyders (1579-1657) e Abraham Teniers (1629-1670), che contribuì grandemente alla diffusione delle singeries, o ‘scene con scimmie’. Come attestato da famosi capolavori come l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano (1423) e le Due Scimmie di Peter Breughel (1562) alla Gemäldegalerie di Berlino, la rappresentazione di scimmie incatenate è un’iconografia assai comune nel mondo occidentale.

Domenico Guidobono, Boy with Monkeys, c. 1730. Oil on canvas, 108 cm × 78.8 cm. Private collection.
Fig. 2. Domenico Guidobono, Boy with Monkeys, c. 1730. Oil on canvas, 108 cm × 78.8 cm. Private collection.

Questi animali rappresentano in genere la lussuria, o la follia, o la gola, così che la catena può evocare sia il controllo (della razionalità sulle passioni) o l’inevitabile legame del genere umano con i propri impulsi irrazionali. Due scimmie incatenate appaiono, infatti, anche nel Ragazzo con due scimmie di Domenico Guidobono (fig. 2), interpretato come una Allegoria della lussuria eseguito attorno al 1720 per una colta committenza aristocratica. Ciò suggerisce di collocare l’Interno di cucina verso la piena maturità dell’artista e di interpretarlo come una scena allegorica, probabilmente un divertito avvertimento contro i rischi della gola e della lussuria.

Nella sua biografia manoscritta dei fratelli Guidobono, redatta nel 1762, Carlo Giuseppe Ratti descrive l’inclinazione e la bravura di Domenico nel dipingere animali, fiori e paesaggi, un’attività inizialmente secondaria ma che deve avere implementato dopo il 1709, quando la morte del fratello gli rese più difficile affrontare in autonomia delle vaste commissioni ad affresco5. Ciò trova ulteriori conferme nelle sei bambocciate di sua mano descritte nel 1720 come parte della dote di sua figlia Maria Beatrice. Alcune di queste ultime sono state recentemente identificate e costituiscono la più diretta controparte pittorica all’Interno di cucina qui considerato6.

Altrettanto intriganti sono i tre schizzi sul verso, anch’essi parte dello stesso tema esplorato sul recto: l’osservazione e la rappresentazione di figure esotiche. Sulla destra della scena, due soldati in vesti orientali sono raccolti attorno a un mortaio. Due proiettili sferici in pietra sono riconoscibili a fianco dell’uomo seduto sulla sinistra, mentre la figura in piedi sulla destra punta minacciosamente il dito in direzione del cannone.

Giovanni Benedetto Castiglione, Head in profile, c. 1645/50. Etching, 110 × 81 mm. Bartsch 40.
Fig. 3. Giovanni Benedetto Castiglione, Head in profile, c. 1645/50. Etching, 110 × 81 mm. Bartsch 40.

Sull’altro lato del foglio, ruotati di 90°, si riconosce una caricatura di un uomo in profilo con labbra prominenti e due assorte figure con turbante. Queste ultime guardano da vicino agli Studi di teste orientali incise dal genovese Giovanni Benedetto Castiglione (1609-1664, fig. 3). Secondo Ratti, Bartolomeo Guidobono aveva eseguito delle copie da dipinti raffiguranti animali di Castiglione, un influsso che, possiamo dedurre, coinvolgeva anche il fratello Domenico7.

L’iscrizione sulla destra del foglio, ‘vindica domine’, è una citazione parziale dal Libro dell’Apocalisse (6:10, 19:2): ‘Vindica Domine sanguinem nostrum, qui pro te effusus’, e si riferisce al modo in cui Dio vendica i propri martiri. La sua connessione al soggetto del disegno resta poco chiara, ma potrebbe trattarsi di un’incitazione a vendicare il sangue dei soldati cristiani versato durante le guerre austro-ottomane8.

1 Il testo di riferimento sull’artista è quello di Newcome Schleier 2002, cui vanno aggiunti id., 2011, pp. 203-216; id., 2012, pp. 10-16; id., 2016, ma vedi anche Casellato 2004, ad vocem e Orlando 2020, pp. 390-405.

2 New York, The Metropolitan Museum of art, inv . 1970.261; Sotheby’ s – New York, 26 January 2017, Master Paintings & Sculpture Day Sale, lot 180, come Domenico Guidobono (pubblicato da Newcome Schleier 2002 ,p.22, cat. P.58, riprodotto tav. XLIV).

3 Fiorentino 2020, pp. 34-37, p. 12, con bibl. prec.

4 L’intimità di Domenico con decorazioni e cartouches è dovuta alla sua lunga attività come pittore di affreschi. Il margine destro del disegno qui considerato (recto) può essere comparato, ad esempio, con un disegno rappresentante l’Abbondanza (collezione privata; riprodotto e discusso in Newcome Schleier 200, p. 151-152, cat. D.13, con bibl. prec). Domenico ha dipinto un altro interno di cucina con domestica nella lunetta con il Sogno di Giuseppe (Quarto, Chiesa di San Gerolamo, prima cappella a sinistra, riprodotto e discusso in Newcome Schleier 2002, p. 65, cat. C.21), e nella Coppia danzante di collezione privata (riprodotta in Torino 2012, p. 16, fig. 5).

5Ed al far d’animali tratta avendo dal nascer suo l’inclinazione, lodevolmente vi s’impiegò [...] Doppo esser stato lo spazio di ventun’ anno in T orino, venne a Genova ove ne abitò ben trenta e dove fe’ cose in genere di figure, con poco buon garbo condotte. Nel far gli animali, però, come dicemmo ed anconelli paesi, si fe’ sempre onore’ (Newcome Schleier 2002, 183-191).

6 Vedi Newcome Schleier 2011, p. 15 e la Coppia di contadini in un interno riprodotta da Newcome Schleier 2011, p. 214, cat. G1.

7E lo stesso signore [Marcello Durazzo] nel suo palazzo d’Albizzuola conserva di esso artefice due copie di quadri con animali del Grechetto, che son preziose, quanto i medesimi originali’ (Soprani, Ratti 1768- 1769, II, p. 142, commentato in Newcome Schleier 2002, p. 125, cat. P62).

8 Tra il 1716 e il 1718 l’Impero Otto- mano e quello Asburgico furono impegnati nella cosiddetta guerra austro turca. Il generale delle truppe austriache era il principe Eugenio di Savoia, congiunto stretto del mecenate di Domenico Vittorio Amedeo II di Savoia.

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