Cinque Teste
Carlo Biffi
(Milano 1605 – 1675) Venduto
- Penna e acquerello a inchiostro bruno. Montato.
- 178 × 245 mm
- Al verso, visibile attraverso il montaggio, a penna e inchiostro bruno, scritta il- leggibile ‘C... S..’ (?), ‘136’.
Carlo Biffi figura iscritto all'Accademia Ambrosiana nel 1621 dove insegnava il padre Giovan Andrea, scultore del Duomo. Pellegrino Orlandi afferma che fu allievo di Camillo Procaccini e bravo disegnatore, rammaricandosi che non si fosse sufficientemente dedicato alla pittura1.
Dopo la morte del padre nel 1631, gli era subentrato in Duomo con la qualifica di scultore e pittore, pur continuando a fornire disegni per incisioni, come quella del ritratto del comico e musicista Francesco Gabrielli detto Scapino (1633), significativa per la densità degli strumenti musicali riprodotti, o realizzando serie di stampe di tesi di laurea2.
Il suo nome appare per la prima volta quale autore del disegno per la stampa di Cesare Bassano con Il Monte Etna che era stato eretto nel 1630 al centro della piazza del Duomo per i festeggiamenti della nascita del principe Baldassarre di Spagna. In alternativa a quest’ultimo, Biffi aveva eseguito un disegno (conservato alla Raccolta Bertarelli di Milano) con la veduta della piazza con il Duomo sul fondo, densissima di figure ideate secondo le invenzioni di Callot3.
Questo specifico interesse per il comico e il grottesco è pienamente confermato dall’incisione con Quattro teste ricordata da Le Blanc, firmata ‘Biffius F’ e che mostra, scalando verso sinistra, un truce volto barbuto, una testa grottesca leonardesca, un giovane con cappello e il volto di un bambino4. Il modello, anche per la tipologia dei volti, è sicuramente quello del repertorio di Camillo Procaccini, già espresso a Bologna da Bartolomeo Passerotti e sviluppato da Procaccini a Milano in una nutrita e suggestiva serie di esemplari realizzati spesso a matita nera e sanguigna (fig. 1)5.
Biffi nella sua incisione, realizzata forse entro il 1630, si richiama apertamente, anche dal punto di vista tipologico, a quei modelli di Camillo, interpretandoli secondo una più accentuata irruenza. Riguardo all’invenzione, l’assonanza di questo disegno con quei modelli è del tutto evidente, ma lo è in modo specifico proprio con l’incisione di Biffi per via della medesima sequenza scalata delle teste dal centro verso sinistra. Qui il primo volto è, al contrario, quello più idealizzato di una figura femminile, affiancato, come nella stampa, dalla testa grottesca a cui segue anche qui quella dell’uomo con cappello; in questo caso, sul foglio si ha l’aggiunta a destra di due teste di profilo.
Dal punto di vista dell’esecuzione disegnativa e della tipologia delle figure, qui sono del tutto scomparsi i riferimenti a Camillo Procaccini e a quella incisione, e affiora una più personale reinterpretazione di quella specifica invenzione destinata al collezionismo privato che, in Lombardia, viene mantenuta ancora viva da Ercole Procaccini nel suo repertorio. Qui l’alta qualità e fermezza del tratto disegnativo e gli espliciti riscontri impaginativi con la stampa di Biffi dovrebbero confermare a lui anche in questo caso la paternità di questo disegno, considerandone una esecuzione già più tarda e a conferma anche della sua fama di buon disegnatore avallata dall’Orlandi. Certamente l’assenza di confronto con altri suoi disegni costringe, come sempre in questi casi, a un certo margine di cautela.
1 Orlandi 1707 [1753], p. 111.
2 Milano 1973, p. 68, cat. 386, fig. 226.
3 Milano 1973, p. 67, cat. 373, 374, fig. 220; Bora, Marani 2017, pp. 29-35. L’approfondimento sulla figura di Carlo Biffi è nel mio volume di prossima pubblicazione Seicento a Milano. Artisti e istituzioni.
4 Le Blanc 1854-1890, I, p. 339. Un esemplare è alla Civica Raccolta di Stampe Bertarelli.
5 Cfr . Ward Neilson 1979, fig . 345- 365; Rabisch 1998, pp. 197-198 (Camillo Procaccini).
Al museo 1997, p. 155, pl. IX,7, as Camillo Procaccini.